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Frazione s. Martino
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La frazione di San Martino, anticamente chiamata Vigo, è situata ai piedi del sovrastante monte Porgèit. Era molto abitata; infatti, qui c’era la scuola elementare con la sede in case private e la latteria sociale fin dal 1800. Sulla strada principale, nella borgata bassa, sorgeva la chiesetta di San Martino, la più antica della Valcellina, risalente, per alcuni storici al periodo longobardo e per altri al XIV secolo. In paese si tramanda che fosse stata edificata su un antico tempietto pagano e pagàns, pagani erano chiamati gli abitanti del posto. Dal 2019, dopo 56 anni dal disastro, sui ruderi della chiesetta, ora sorge il Memoriale a ricordo della tragedia e a protezione del pavimento e del perimetro. All’interno, sulla parete ovest, sono incisi i nomi di tutte le Vittime del Comune di Erto e Casso. Nelle vicinanze, sul colle denominato al Còl dal Castél, esistono dei labili resti di un antico fortilizio o torre di guardia, a presidio della valle. Sotto il colle c’è una fontana con un’antica vasca di pietra, al górc dal Castél. Da tutto questo trae origine la leggenda della regina Claudia e del re che abitavano nel castello. Il re, morso da una vipera in Val Zemola, perse la vita sul ponte che verrà, in seguito, chiamato pónt de la Corona. Oggi, il ponte non è più visibile poiché incorporato nell’attuale carrareccia. La regina, distrutta dal dolore, abbandonò il paese, nascondendo le sue ricchezze nella Val Sciavréra dove si racconta sia sepolto l’or e l’argentéra. Sul lato opposto della valle, nella roccia ai piedi del monte Cérten Thérten, si narra che esistesse la s’ciàra, l’anello dove la regina attraccava la sua barca.

A San Martino passava l’antica mulattiera chiamata la Vecchia Postale. Negli ultimi decenni del 1800 fu costruita la carrozzabile fra i Comuni di Cimolais ed Erto Casso ed il ponte Altìn, sulla forra del torrente Zemola, che collegò la frazione San Martino con il paese, evitando di dover scendere verso il torrente Vajont, attraversandolo sull’antico pónt da Mésa o ponte Romano. La borgata fu servita dall’acquedotto comunale nel 1944 e, nelle adiacenze della chiesetta, venne costruita la fontana – lavatoio. Di fronte c’era la storica osteria de Meneghìn. A monte dell’abitato, a diverse quote, esistevano delle cave in prevalenza di pietra rossa e molti uomini del borgo diventarono abili cavatori e scalpellini.

Oltre l’abitato, in direzione est, sulla costa de le Tàie, c’era la stazione di arrivo della teleferica che trasportava il legname dalla prospiciente Val Vajont. Questa struttura era ingegnosa perché portava il legname in salita sfruttando la forza motrice dell’acqua del torrente.
Le Vittime in questa frazione furono 24 tra le quali la maestra Ida Ceschelli che aveva da poco preso servizio presso la scuola elementare e Adriana Corona, travolta dall’onda prima di arrivare a casa. Stava infatti rientrando dalla Germania proprio quella sera, insieme a Costantino Della Putta che abitava a Valdapónt, l’unica Vittima di quel borgo. Furono ritrovate solo Sabina Carrara e Maria Lucia Della Putta.
Nell’immagine il luogo dove sorgeva una casa.

.. Quel lontano mercoledì 9 ottobre 1963, verso le sei di sera, mi trovavo ancora all’ospedale di Belluno perché 10 giorni prima, il 29 settembre, era nata la mia primogenita Luciana. Aspettavo il taxista Pierino il Móngol che mi venisse a prendere perché quel giorno mi dimettevano dall’ospedale con la mia piccola. Mio marito Bepi si trovava a Parigi per lavoro e non sarebbe tornato o almeno così credevo, che per le feste di Natale. Appena arrivati alle gallerie, trovammo dei cassani che portavano il loro bestiame dal Toc a Casso, chiesi il perché e il Móngol mi informò che li avevano fatti sgomberare perché temevano che il Toc venisse giù. Arrivai dai miei a San Martino. Per non stare da sola con la piccola fino a Natale sarei rimasta da loro. Stetti un po’ in casa, ma non mi dissero niente delle chiacchiere di paese sul Toc, forse non volevano agitarmi.Andai a letto presto perché avevo un po’ di febbre per il latte, ma verso le 10 e 40 sentii un gran boato, come un gran vento. Pensai subito: – Questo è il Toc. Mi chiamarono da fuori, era Tita dal Bir che vedendo la luce accesa in camera voleva rassicurarmi e mi disse: – Arcangela, non spaventarti è solo un temporale. Ma non ci credetti perché era una bella serata piena di stelle. Cessato il gran boato, mio padre Sép de Ambròsio andò a vedere a San Martino basso. Quando tornò mezz’ora dopo, esclamò: – Non c’è più niente – e lo ripeteva – Non c’è più niente. Io pensavo che con quel niente intendesse gli alberi, le strade, ma quando mi riferì che non c’erano più né le case né la nostra bella chiesa, feci fatica ad immaginarlo. Mio padre aggiunse: – Ho trovato il secchio con il latte nella stalla di Meneghìn, ma la loro casa non c’è più. Probabilmente Giuseppe de Meneghìn era andato a casa a vedere della moglie che era in attesa del loro primo figlio. Quel breve tragitto dalla stalla alla casa gli era bastato per morire insieme a lei. Se fosse rimasto nella stalla forse si sarebbe salvato, visto che c’è ancora.
Dopo un po’ che ci si chiedeva quale fosse stata la gravità dei danni verso Erto, arrivò Maria Maucàn che cercava sua figlia Italia. Quello che rimase impresso a tutti, a tutti quelli che erano lì, la maggior parte delle persone di San Martino, fu che arrivò nuda. L’acqua l’aveva spogliata completamente di tutto.

Testimonianza di Arcangela Pezzin

… Improvvisamente mi trovai scaraventata in alto fra le macerie, il fango e l’acqua; ero mal ridotta e sbigottita, ma per nulla pensavo a me stessa, alle mie condizioni e mi pareva strano quel temporale. Sentivo l’acqua ancora gorgogliare mentre si ritirava. Poi visto che la furia dell’acqua mi aveva risparmiata, mi alzai e tutta grondante di fango e acqua e tremante dal freddo, mi avviai con l’intenzione di raggiungere le prime case della borgata che l’acqua aveva risparmiato, in cerca di aiuto e mi feci strada fra il groviglio di travi, pali della luce e sassi. Le persone alle quali comparvi in quello stato, mi guardarono senza parlare, forse per paura, come fossi un fantasma. Poi finalmente mi fu prestato soccorso e trascorsi l’intera notte chiedendo continuamente dei miei cari e della mia casa, ma tutti cercavano di nascondermi la tremenda verità che solo alle prime luci dell’alba potei conoscere: avevo perso tutto.

Testimonianza di Maria Filippin – Maucàn