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Frazione Pineda
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La frazione di Pineda, denominata in ertano Rùava, geologicamente è una paleofrana con la forma di penisola delimitata dai torrenti Vajont e Mesàth.
Prima della catastrofe la zona era molto abitata. Alcune famiglie, considerata la vicinanza, avevano le poste (le proprietà) in Val Mesàth che comprendevano il terreno ad uso di pascolo e bosco, la casera e la stalla. Si spostavano dal loro borgo in aprile, facendovi poi ritorno a settembre. Queste famiglie erano: Ditta, Pedón, Fódha, Gnan, Gaspre e Tràina e, in Forca Bassa, Naspo. Questa valle, dov’era la malga comunale, era parecchio sfruttata anche dai carbonai, tra i quali la famiglia Ditta. Gli abitanti, prima della costruzione della strada circumlacuale, per raggiungere Erto percorrevano la mulattiera che scendeva fino al torrente Vajont attraversandolo su di un ponte di legno precario e, per la località Bindi e Cùaga, risalivano fino al paese. Dalla Pineda, nella direzione dell’attuale frana, una mulattiera proseguiva verso il Toc e la casera Vaséi. I bambini frequentavano la scuola in questa frazione e le lezioni si svolgevano presso le case private. Nel 1961 la SADE costruì e donò al Comune un piccolo edificio da adibire a scuola, a parziale risarcimento per i disagi causati dall’invaso. Essa fu aperta nell’anno scolastico 1962/63 e, in quello successivo, gli alunni la frequentarono solo per pochi giorni. La notte del 9 ottobre 1963 fu risparmiata dall’onda ed oggi è un’abitazione privata. La parte bassa della frazione era stata espropriata fino alla quota dell’invaso per cui gran parte delle famiglie, scelse di trasferirsi nella pedemontana veneta. Le Vittime furono sette, tra cui Antonio di soli tre anni. Solo Giuseppina Corona non ebbe mai sepoltura.

“La mia casa fu distrutta dalla furia dell’acqua. Io ero piccola. E’ stato il nonno Felice Ditin a raccontarmi. Era nel cortile davanti alla sua casa che l’acqua aveva risparmiato e sentiva chiamare: “Mama, mamma!” Ero io disperata… tutta avvolta nel fieno e per fortuna senza neppure un graffio. Anche mia sorella Giovanna era viva, ma sotto le macerie.

Testimonianza Nives Filippin

… Uscii scalzo e volgendo lo sguardo verso Longarone, vidi, verso il cielo, gli abeti che scivolavano giù e nello stesso tempo un qualcosa di scuro che arrivava verso di noi. … Arrivammo dove inizia il sentiero per la Val Mesàth; dopo quattro o cinque metri c’è un sentiero che ti porta al torrentello. Ci riparammo lì. Sentimmo un vrrr brr… Era l’onda che passava. … Scendendo, trovai Pierino de Naspo che piangeva. Aveva perso tutti i suoi cari. Andammo dal Ditìn. Bisognava cercare Giovanna, la bambina rimasta intrappolata fra le macerie. C’era anche la nonna Nastasìa con loro; aveva cavato patate tutto il giorno e aveva preferito dormire a casa della figlia Tina. Si fermava spesso lì. …Tonìn de Fódha lo trovammo quando si fece giorno. La parete della casa era stata sfondata dall’acqua, aiutata da un ciliegio che l’onda aveva sradicato. Era sul pianerottolo del secondo piano; sembrava dormisse, aveva ancora l’orologio che scandiva le ore.
Le Vittime trovate nelle ore subito dopo il disastro, le sistemammo nella scuola: il papà di Pierino de Nàspo, Tonìn, Nastasìa e Maria la Patatina. Naspo fu estratto dalle macerie, la mattina del 10 ottobre.

Testimonianza di Filippin Adamo – Damo de Sepìn
Tonìn de Fódha era appena arrivato dalla Germania.

Eravamo in casa quando tutto ha cominciato a tremare. Siamo usciti, il Toc era illuminato e abbiamo visto scendere tutto e tutto ad una velocità incredibile. Pochi attimi e l’onda era sopra di noi. Mio papà urlava: – Scappate scappate. Siamo morti. Io, solo per un colpo di fortuna, mi sono ritrovata riparata sotto il muro di cemento della strada. Mi sono salvata forse perché mi trovavo davanti a tutti gli altri o forse perchè ero stata più veloce degli altri nella mia fuga. Mio fratello Elio fu portato via dall’onda verso il Mesazzo dove fu ritrovato ferito e anche mia mamma. Il papà fu scaraventato dietro la casa di Maria de Angela, qui si era formato un laghetto, dove l’acqua aveva portato via tutto.

Testimonianza di Clara Filippin

Per tutta la notte io andavo e venivo; un pensiero mi assillava, volevo vedere la casa dei miei che era proprio di fronte, al di là del lago. Ditìn cercava di rassicurarmi dicendomi che non era successo niente, ma io non vedevo l’ora che si facesse giorno. All’alba, vidi che, dov’era la mia casa paterna, non c’era più niente. – Io me ne vado – dicevo e dovevo trattenere le lacrime perchè i miei due figli erano piccoli.

Testimonianza di Franca Filippin – Benéto

Panoramica prima del Disastro
Dopo il disastro

… Inciampai nei piedi di mio padre che spuntavano dalla ghiaia. Impiegai poco tempo ad arrivare sulle macerie della mia casa. Ero lì quando l’onda, raggiunto San Martino, stava già tornando indietro.

Testimonianza di Pietro Corona – Naspo

… Arrivò Elio de Gioachìn, era ferito alla testa, mi abbracciò piangendo lasciandomi il pigiama sporco di sangue.

Testimonianza di Anna Filippin – de Damo